lunedì 25 luglio 2011

Ritratti di Amy

Tre anni fa avevo scritto una serie di brevi ritratti immaginari di personaggi femminili più o meno celebri che avevo pubblicato nel post Ritratti di signora. Tra di questi c’era anche una certa Amy.
Poi avevo continuato a scrivere e a sviluppare i personaggi e a intrecciare le loro storie con l’immaginario di Alice nel paese delle meraviglie, in quella che rimane a oggi un’opera folle e incompiuta.
In ogni caso questi sono i brevi ritratti immaginari che avevo scritto su Amy e a parte il primo non li avevo mai postati. Questo è il mio modo per ricordarla…

A letto
Amy si è addormentata guardando le stelle distesa sul manto morbido di un prato inglese. Accanto a sé ricorda una bottiglia di Jack e una di J&B, l’odore dell’erba fresca di pioggia nelle narici sensibili, l’umido delle sue mutandine e nient’altro. Si sveglia per magia a casa nel suo lettuccio caldo a fianco di un corpo che non conosce. Si chiede come abbia fatto a tornare lì. Svelta dice al corpo: “Sai che non sono una brava ragazza,” citando il testo di una sua canzone, anche se non ricorda di preciso quale, e gli indica la porta con decisione. Il tizio la guarda con l’aria del “Ieri sera mi sembravi molto più arrapante, baby,” ma non dice niente. Si alza dal letto nudo grattandosi le chiappe e se ne va con il cazzo ancora in erezione mattutina. Amy si guarda intorno preoccupata. La testa le fa un gran male. “È un rave party, non è una testa,” pensa. I bassi pulsano feroci sulle meningi. “Boom Boom Boom Boom.” Ha bisogno di qualcosa per tirarsi su. E alla svelta, Cristo. Ma non c’è niente di già pronto per tirarsi su. Quel tizio deve essersi fottuto tutto ieri sera. “O forse sono stata io?” si chiede in un breve attimo di lucidità. “Sì, devo essere stata io. Non quell’incapace.” Allora si mette a scaldare con amorevole cura la miscela di cloridrato di cocaina ed acqua preparata e poi aspetta che si raffreddi. Una lunga attesa. “Che nervi!” Il tempo sembra non passare mai quando si aspetta qualcosa. Un paparazzo se ne sta appostato lì fuori e appena vede sbucare la sua sagoma le scatta veloce una fotografia digitale. Mentre scappa via si chiede: “Ma perché quella si fa sempre davanti alla finestra?"


Al pub
“Tutto bene, Amy?” le chiede il barista.
“Certo che va tutto bene, pezzo di coglione.” Dà un’altra golata direttamente dalla bottiglia di Jack Daniel’s. “Ti sembra che ci sia qualcosa che non va?” Si alza cullando la bottiglia tra i suoi seni rifatti a mò di bebè. L’istinto materno ce l’ha, suo padre lo dice sempre alla stampa, è solo male indirizzato.
Infila un penny dentro al jukebox. Incredibilmente centra la fessura giusta. Gli tira un pugno per farlo andare giù ed ecco che nell’aria del pub si respirano le note di una vecchia canzone delle Chiffons. “Ancora le Chiffons,” si lamenta qualcuno. “Questa sta in fissa,” sussurra qualcun altro. Amy prova a cantare il pezzo insieme al jukebox, ma non ricorda esattamente tutte le parole, e quelle che ricorda le strascica. Balla ad occhi chiusi, ma più che ballare scuote solo un poco la voluminosa capigliatura da Marge Simpson e continua a dondolare la bottiglia di Jack Daniel’s tra le braccia secche.
“Hey, ho bisogno di una liposuzione, secondo te?” Chiede improvvisamente a un anziano che se ne stava quieto quieto a giocare a carte con gli amici. Il vecchio la guarda come si guardano i pazzi scatenati, o gli alieni. “Macchè liposuzione,” sghignazza guardando i compari solidali. “Hai bisogno di una bella bistecca, mia cara figliola,” le fa col tono più amorevole che esce fuori di bocca. Poi rivolge lo sguardo ai suoi compagni di po-po-poker scotendo vistosamente la testa e avvicina un dito alla tempia.
Amy è già da un’altra parte, lontana. Amy è dentro il jukebox. Tra un “sha la la la” e un “uou ou oo ooo.” Persa per sempre nel suono, nella musica, nelle parole, nei coretti.
Due tizi impomatati in giacca e cravatta e coi capelli pettinati all’indietro entrano nel pub. Tutti si voltano a guardarli. Tutti tranne Amy, presa da una danza che nella sua naturalezza ha un chè di tribale. I due tizi le si avvicinano minacciosi. Si tolgono gli occhiali da sole e la guardano fissi. Cercano di attirare la sua attenzione, ma lei ha gli occhi chiusi e avendo le orecchie troppo vicine alle casse del jukebox non ha sentito i passi dei mocassini Gucci identici che i due tizi calzano.
“Signorina?” le chiede tizio numero uno, educatamente.
“Signorina, ha un minuto da dedicarci?” insiste tizio numero uno.
“Signorina!” urla tizio numero due. La prende per una spalla e la scuote. Finalmente Amy si gira, anche se i suoi occhi non sono aperti al 100%. Sono aperti diciamo a un 40%, il che può andare già bene. Almeno, i due tizi se lo fanno bastare. “Signorina, possiamo sederci un momento?” le chiede tizio numero uno. “Dovremmo parlarle di una cosa.”
“Non ne ho voglia,” piagnucola Amy. “Non ne ho vogliaaaa. Papi, dove sei?”
“Suo padre non è qui, signorina,” le ricorda tizio numero uno. “Suo padre in questo momento sta rilasciando delle dichiarazioni in una conferenza stampa. Dichiarazioni amorevoli su di lei. Suo padre le vuole molto bene. Adesso si vuole sedere, signorina?” “Io voglio solo ballare,” afferma Amy sbattendo la testa voluminosa su e giù. “Ballare e cantare, ecco,” mette su il broncio.
“Signorina,” la afferra per un braccio tizio numero due. “Vuole ballare… e balliamo, allora.” La stringe tra le sue possenti braccia e poi la fa volteggiare come una ballerina da soprammobile. Il suo corpo secco ruota per incanto e i capelli le si sciolgono e le ricoprono il viso. I ciuffi neri le vanno a finire sugli occhi semi-aperti. Sorride. Per un momento i due tizi pensano, anzi ne hanno la certezza: “Amy è felice”. Subito dopo lei si porta una mano sullo stomaco e farfuglia qualcosa tipo “Devo vomitare. Adesso!” prima di correre velocemente verso il bagno. Non ha ancora aperto la porta, però, che lo sbocco le viene su e inonda il pavimento del pub. “Ora mi sento fottutamente meglio,” respira.
Il proprietario fa cenno al garzone di andare a pulire. Dalla sua faccia (che è quella di chi ha perso ogni speranza) si direbbe abituato a vedere scene di questo genere. Il garzone pulisce il pavimento svelto come quei ragazzini che sbucano da non si sa dove e puliscono il campo di Wimbledon. È di nuovo tutto in ordine. Amy va a risciacquare il viso in bagno. Una volta giunta davanti allo specchio e aperto il rubinetto dell’acqua fredda fa dietro front e và dal barista al banco. “Un Irish coffee, please,” chiede. “Alla sveltaaa,” piagnucola. “Ne ho bisogno. Ora.”
I due tizi si sono messi seduti comodi a un tavolo. Hanno capito che non sarebbe stato facile parlarle. Per niente. “Ci porta due scotch, prego? Lisci.” Tanto le cose si stavano già tirando per le lunghe. Lo scotch almeno avrebbe aiutato a far passare meglio il tempo.
Una volta bevuto il suo caffè irlandese, Amy viene convocata dai due eleganti signori al loro tavolo. Di nuovo. “Ma di cosa diavolo volete parlarmi?” chiede sinceramente incuriosita.
“Signorina. Noi veniamo per conto della sua casa discografica,” le annunciano. “C’è il nuovo disco schedulato per la fine dell’anno e le registrazioni vanno completate. Abbiamo ancora molto lavoro da fare, signorina. Si rende conto di questo? C’è molta gente in attesa di questo benedetto disco. Noi, e i suoi fan, abbiamo bisogno di lei, in forma. Riesce a capire ciò di cui le sto parlando?” le domanda tizio numero uno.
“Mmm… Sì?” risponde in modo tutto fuorchè sicuro Amy.
“Per farmi capire meglio,” prosegue il discorso a staffetta tizio numero due, “lei deve essere RIPULITA per lavorare all’album. Questo significa NIENTE ALCOOL e NIENTE DROGHE. Questo significa RIABILITAZIONE,” afferma alzando il tono di voce sulle parole chiave. “E questa volta la casa discografica non ha intenzione di accettare un No No No come risposta. Ci siamo intesi, signorina?”
“No No No?” chiede Amy in confusione.


In studio
“Una canzone su un bracconiere,” fa Amy, strafatta. “Anzi, una canzone d’amore su un bracconiere che perde la testa per una balena che doveva cacciare,” corregge il tiro Amy, sempre più strafatta.
“È una bella idea,” la incoraggia Mark convinto. “Ma sai che c’è, Amy? Le balene non comprano i dischi e i bracconieri sono un mercato piuttosto ristretto.” Si prende una pausa caffè per riflettere su quello che dice. È la presenza di Amy che lo stordisce. Tira una boccata di Lucky Strike modificata per calmarsi e poi prosegue. “Quello che sto cercando di dirti è che balene e bracconieri non corrispondono, almeno al momento, al target cui la nostra musica si rivolge. Me lo hanno confermato anche quelli della casa discografica.” Fa segno a un tecnico del suono di levarsi velocemente dalle palle. “È un mercato che potenzialmente vorremo raggiungere, in futuro. Quindi questa idea mettiamola per il momento da parte. Però è buona. È una idea molto buona, Amy. Sono fiero di te e sono fiero della tua testa.”
“Grazie, uomo,” se la sghignazza Amy divertita. “Allora niente canzone d’amore. Facciamo una canzone d’odio.”
“Mi piace questa id…” Mark dà un colpo di tosse secco. “Scusami, Amy. Oh, scusami davvero tanto.”
Il colpo di tosse ha provocato dei piccoli lapilli che sono finiti sul suo décolletè pronunciato. Lei non se n’è nemmeno accorta. Gli fa cenno di proseguire. “Dai, che sennò mi dimentico di cosa stai parlando,” lo invita ad affrettarsi.
“Dunque,” tossicchia ancora un pochino Mark dopo aver tirato un’altra boccata dalla Lucky. “Dicevo che l’idea di una canzone d’odio è ottima. Dannazione! e dico: veramente un’ottima idea, donna.” Fa su e giù con la testa seguendo il ritmo del batterista che sta provando di là in sala di registrazione. “Di preciso, che hai in mente?”
“Una canzone d’odio puro,” si concentra Amy. “Un odio di quelli veramente bastardi, sai cosa intendo?”
Mark fa cenno di sì con la testa, convinto. In realtà non ha idea di cosa stia parlando Amy.
“Qualcosa tipo una madre che uccide il figlio. Questo genere di cose. Una merdata da stronzi puri. Una cosa imperdonabile.”
“Una madre che uccide il figlio?” fa Mark pappagallo, riflettendoci sopra. Si accarezza il mento leggermente peloso.
“Già,” tossicchia pure Amy.
“In effetti non mi viene in mente niente di più bastardo di questo,” riflette Mark tirando un’altra boccata dalla Lucky Strike corretta. “Ma se tornassimo alla canzone d’amore del bracconiere per la balena?”


In tour
“Amy, svegliati. C’è il soundcheck da fare,” le sussurra uno sconosciuto.
“Mmm,” fa lei scansando con un riflesso condizionato la mano che gli sta dando una pacca energica sulla spalla. “Va via. Voglio dormire,” piagnucola. “Gnegnegnegnegneee.”
“Amy…” la prende in braccio. “Coraggio, andiamo.”
“Nuoooo… non voglio andareee.”
Gettata sul palco, Amy riscalda la voce. “La la la la.” La voce non va un granchè. “La la la la.” Niente da fare. È il microfono che non funziona?
“Portatemi qualcosa da bere,” si mette a gridare. “Per favore,” la voce le è già scesa del tutto.
Lo sconosciuto di prima (“Dev’essere il mio schiavetto” pensa) le porta una bottiglietta.
“Ma non acqua, Cristo Santo. Io non bevo acqua,” sclera lei quasi in lacrime. “Mai!”.


In carcere
“Hai promesso,” le dice suo marito dall’altra parte del vetro. “Hai promesso sarebbe stato per sempre. L’hai giurato davanti a Dio.”
Amy fa per accendersi un joint, ma un secondino la ferma in tempo. “Non vorremmo dover arrestare anche lei, signorina,” la supplica nel modo più gentile possibile. “Magari la arrestiamo un’altra volta,” aggiunge poi vedendo come la popstar ha gettato il joint davanti ai suoi piedi.
“Io non ho veramente giurato davanti a Dio,” riesce finalmente a replicare al marito. O ex marito? “Avevo le dita incrociate. Ho barato. Ta-dan! Eccoti servita la vera verità.”
Il maritino guarda i suoi occhi da cerbiatta allungati con l’eyeliner e non vede amore. Vede il vuoto. Due buchi neri che le scavano il volto e non danno segno alcuno di emozione. Vorrebbe non avere quel vetro in mezzo alle palle per poterla toccare, capire se i suoi peli contro i suoi peli si rizzano per l’emozione oppure no. Capire se quei buchi neri sono qualcosa di irrimediabilmente irreversibile o irreversibilmente irrimediabile. Capire se il loro matrimonio è veramente giunto al capolinea o più semplicemente l’autista è sceso a farsi una pisciata e a mangiarsi un panino alla porchetta prima di riprendere il viaggio. Un viaggio non finisce fino a che non si arriva da qualche parte. E se il punto d’arrivo coincide con il punto di partenza altro non è che una mara-maratonda senza inizio né fine.


In strada
L’amore è un gioco perso in partenza. Amy l’ha capito presto. Il giorno dopo averle dato il suo primo primo bacio, in prima media, Jimmy le ha tirato i capelli in classe e tutti si sono messi a ridere a crepapelle. I suoi capelli erano già molto particolari e lei ci teneva a distinguersi dagli altri bambini normale. Quel giorno il suo cuore si è spezzato per la prima volta.
Tutte le emozioni che sente potrebbero non essere vere. Un’illusione di umanità dentro a un guscio fragile e scheletrico. Si allontana dal carcere e non sa nemmeno perché ci è venuta. Magari per mettere il punto alla frase. La parola “fine” a un romanzo iniziato male. Sapeva dall’inizio che sarebbe andata a finire così. L’amore è un gioco perso in partenza. Adesso ci vuole una bella canzone delle Supremes e un J&B on the rocks.
Invece squilla il telefono. Will You Still Love Me Tomorrow delle Shirelles. “È ora di cambiare suoneria,” pensa Amy, indecisa se rispondere o meno. Non ha proprio voglia di sentire il bla bla bla di qualche scocciatore. Al settimo squillo decide di rispondere perché tanto il pub è ancora così maledettamente lontano che prima di arrivarci si annoia e allora può anche sopportarsi un bla bla bla fino a quando il suo culo magro non sarà seduto sopra lo sgabello alto del bancone. A volte le capita di soffrire di vertigini, seduta là sopra. Ma questa è un’altra storia.
“Amy,” le fa tizio numero uno. Pare sorpreso che le abbia risposto al telefono, e così in fretta. Dopo meno di dodici squilli. Non è una cosa che succede spesso.
“Come stanno procedendo le registrazioni per il nuovo album?”
“Procedono,” taglia corto Amy.
“Qualche dettaglio maggiore me lo puoi fornire?” tizio numero uno ci prova. Bisogna dargli atto che almeno ci prova. Da quando la composizione per il tema portante di quel film da cento milioni di dollari di budget era andata all’aria si sentiva veramente poco fiducioso che Amy potesse riuscire a portare un intero album di canzoni nuove alla fine.
“Abbiamo provato un paio di cose, io e Mark,” si sforza Amy. “Qualcosa di nuovo, o forse qualcosa di vecchio. Dipende da come vedi le cose. Le note sono 7. Tutto è già stato fatto. Tutto è già stato suonato. Ogni scandalo compiuto. E tutte le droghe sono state già prese.” Amy prende fiato. Di solito non parla così tanto. “Però penso che dovremo ancora mettere a posto i dettagli. I dettagli sono importanti,” si dà l’aria di quella che cerca veramente di far funzionare le cose. Amy la lavoratrice. Amy la sgobbona. Amy la professionista instancabile.
“Mi fa piacere sentirti dire queste cose,” sorride tizio numero uno realmente contento. Il suo sorriso non può essere visto da alcuno, se non dalla segretaria che gli sta portando un caffè lungo proprio in quel momento. “Ecco, signore. Con tanto zucchero come piace a lei.”
“Grazie, Mary. Lascialo pure qui,” le fa guardandole la scollatura generosamente esibita.
“Amy. Amy, cazzo. Il mio nome non è Mary. È Amy, cazzo!” torna la popstar rabbiosa. Butta giù e spegne il Blackberry. Lo sapeva che non doveva rispondere. Lo sapeva che non doveva andare fino al carcere a trovarlo. Lo sapeva che se si muoveva dal pub cominciavano a girarle le scatole e il karma le andava a puttane.
“Adios, Amy la lavoratrice. Adios, Amy la sgobbona. Adios, Amy la professionista instancabile,” si ripeteva tra sé e sé piano piano con quella stupenda voce roca da anziana donnona di colore rinchiusa dentro il corpicino secco di una ragazzetta inglese.
“Adios, Amy.”

5 commenti:

  1. ho letto solo qualche riga e devo andare al lavoro, lo leggerò stasera con calma

    quelle poche righe mi hanno fatto venire i brividi :*

    RispondiElimina
  2. complimenti, sono bellissimi questi racconti...sembra di vedere Amy...

    RispondiElimina
  3. Credo si sarebbe riconosciuta in pieno, bravo Cannibale...

    RispondiElimina
  4. Sono tutti bellissimi, complimenti!

    RispondiElimina
  5. complimenti,bellissimo post!
    ps: non sono abbastanza dentro al gossip british per sapere quali fossero i rapporti tra uno dei più fulgidi talenti musicali degli ultimi quindici anni e il giovane regista boyfriend,ma la foto di lui che basito in mezzo alla strada confuso tra mille altre anonime faccie assiste al trasporto del corpo senza vita di amy verso l'obitorio è una delle foto più toccanti dell'estate 2011...
    massimiliano

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com