venerdì 27 febbraio 2009

february\cinema

Revolutionary Road
Leo DiCaprio, Kate Winslet, Kathy Bates. C’è un forte legame tra questo film e Titanic che viaggia al di là della semplice scelta del cast. E se Jack si fosse salvato dal naufragio e si fosse sposato con Rose? E se avessero messo su famiglia, avessero avuto due figli e si fossero trasferiti in una via che fa pensare alla rivoluzione? E se avessero scoperto che tutti i loro sogni sono puff svaniti e quella via borghese anziché alla rivoluzione altro non fa che ricordare la disperazione? E se si fossero accorti che una vita senza speranza non ha senso? E se l’unico ad accorgersi di come stanno veramente le cose, a vedere la vera realtà dietro quella grande illusione che è la loro vita fosse un pazzo?
L’American Dream già negli anni ’50 mostrava le sue crepe e il regista di American Beauty Sam Mendes è l’uomo migliore per grattare sotto la superficie delle perfette apparenze. Perché non c’è niente di più falso di una perfetta apparenza.
voto\8
Il dubbio
Una regia di geometrica algida perfezione per una storia che va a scavare nel profondo di alcune tematiche legate alla Chiesa: preti pedofili, contrasto tra tradizione e rinnovamento, ma anche la certezza dell’esistenza di Dio. Il film non pretende di dare una risposta e tutto resta avvolto, sospeso nell’aria e nel dubbio.
voto\7/8

Frost/Nixon
Mai considerato Ron Howard un bravo regista. E invece qui, cazzo, non è niente male. Costruisce l’intervista fatta dallo showman inglese Frost a Nixon (la prima dopo le sue dimissioni da Presidente a causa del Watergate) come un appassionante incontro di boxe, compreso qualche colpo sotto la cinta. Un pugno ben assestato, Ricky Cunningham.
voto\7,5

Milk
Gus Van Sant dopo le splendide deviazioni sperimentali di Elephant, Last Days e Paranoid Park torna a un cinema più tradizionalmente hollywoodiano. Fortunatamente lo fa sempre a modo suo, come già dimostrato con gli ottimi Will Hunting-Genio ribelle, Scoprendo Forrester e Da morire. Il buon Gus stavolta si è tuffato negli anni ’70 per raccontare la storia del primo politico americano apertamente gay, Harvey Milk. Non mancano le finezze registiche, come in un finale sospeso tra gelo elephantesco e commozione, ma la pellicola si concentra più che altro sull’attivismo di Milk e dà spazio a una gara di bravura tra alcuni dei migliori attori di oggi: Sean Penn, Josh Brolin, Emile Hirsch e James Franco.
voto\7+

Il curioso caso di Benjamin Button
Un uomo che invece di invecchiare ringiovanisce. Il tempo che procede all’indietro. Brad Pitt che torna a farsi dirigere da David Fincher dopo il capolavoro Fight Club… Le aspettative per questo film erano altissime, e infatti riesce a mantenerle solo in parte. 2-ore-e-40-minuti sono veramente troppi, la storia d’amore scivola volentieri nel mieloso e il personaggio di Benjamin Button al di là del fatto che diventa sempre più giovane è decisamente inconsistente. Da David Fincher è lecito aspettarsi un po’ più di cattiveria di questo Forrest Gump vs. F. Scott Fitzgerald, ed è un peccato considerato che è ottima la prima parte del film con il neonato/vecchietto che paradossalmente cresce/ringiovanisce in un ospizio. Resta comunque un film che fa riflettere sull’assurdità del tempo e della vita.
voto\7+
Eagle Eye
Solito action-movie fracassone che eccede in esplosioni e inseguimenti, ma risparmia idee in trama e originalità. L’unico sforzo fatto dagli sceneggiatori sembra infatti essere stato quello di mischiare insieme alla buona elementi da Nemico pubblico, Matrix e Minority Report. Il protagonista è Shia LaBeouf, quello di Disturbia e Transformers, ma senza l’ironia che contraddistingueva quelle pellicole il suo personaggio non convince e il film anziché far aguzzare gli occhi come un’aquila, li fa chiudere come un ghiro.
voto\4

mercoledì 25 febbraio 2009

february\tv

Desperate Housewives
La quinta stagione fa un tuffo avanti di 5 anni rispetto agli eventi della stagione precedente. Questo efficace espediente narrativo aggiunge alla serie un velo di nostalgia e di tristezza per il tempo sfuggente che fa raggiungere alla serie nuovi vertici di poesia.
voto\8+

In Treatment
Uno strizzacervelli e i suoi pazienti. Un lungo flusso di coscienza e una persona che ascolta attentamente. Nient’altro. Tutto qui. Ma quando ci sono delle sceneggiature di un livello così alto, pochi elementi sono sufficienti per tenerti incollato allo schermo.
voto\8

Diario di una squillo per bene
Serie britannica che vorrebbe essere trasgressiva. La partenza è col freno a mano tirato, ma sembra acquistare coraggio episodio dopo episodio, avvicinandosi al patinato cinismo di Nip/Tuck. Nei panni della prostituta di lusso c’è Billie Piper: una decina d’anni era una popstar aspirante Britney Spears come tante, adesso è un’ottima attrice (e soprattutto una bomba sexy). voto\6,5

Fringe
La costosissima puntata pilota non mi ha convinto molto, ma piano piano sto cominciando ad affezionarmi ai personaggi di questo X-Files aggiornato ai tempi di Lost (non a caso uno degli autori è J.J. Abrams). Divertenti soprattutto i battibecchi tra Joshua Jackson (l’ex Pasey di Dawson’s Creek!) e il geniale padre fresco fresco di manicomio.
voto\6+

Lipstick Jungle
Sorta di mischione tra Sex & the City, Dirty Sexy Money e Desperate Housewives, questa serie non è niente di speciale, anzi appare piuttosto vecchia nella forma e nelle idee, ma si lascia guardare con (discreto) piacere. Nel cast c’è anche l’idolo Andrew McCarthy, specialista negli anni ’80 in pellicole adolescenziali. A parte qualche rughetta è in gran forma. Spero anch’io di invecchiare così bene.
voto\6

Sorority Forever
Una serie sulle confraternite dei college americani. La novità è che ogni episodio viene mandato in onda su myspace e dura solo 2 minuti 2! Nell’epoca di youtube e di una fruizione sempre più veloce, potrebbe risultare un esperimento interessante. Peccato che per il momento a mancare siano i contenuti. Ogni episodio sembra infatti il trailer di quello che potrebbe accedere poi, solo che poi non succede un bel niente…
voto\5-

Chiambretti Night
Chiambretti non è un comico. Perché il comico ha come scopo principale il far ridere. E io non ricordo di aver mai riso per una sua battuta. Constatato ciò, non si può nemmeno affermare che Chiambretti faccia satira. Si è parlato tanto del suo passaggio in Mediaset, ma cosa c’è da sorprendersi? Lui è totalmente innocuo, mica come un Luttazzi. Al limite fa giusto qualche battuta a sfondo sessuale, ma niente che un altro Pierino, quello interpretato da Alvaro Vitali, non abbia già fatto in maniera più divertente e trash. Il resto del programma vorrebbe forse essere innovativo, citando il film Moulin Rouge che ormai ha quasi 10 anni e passando filmati che su youtube circolano già da mesi. Un pregio: vista l’ora di messa in onda, per prendere sonno è meglio di un Valium.
voto\3

lunedì 23 febbraio 2009

Il curioso caso del milionario

Anno 2020. Gerry Scotti si passa una mano tra i pochi capelli bianchi rimastigli, emozionato: “Sto sudando perché è da molti anni che non mi capita più di leggere la domanda finale da un milione di euro. Signore e signori… eccola qui,” tira un sospiro, poi prosegue:
“Chi ha vinto l’Oscar come miglior film nel 2009?
a) Il cavaliere oscuro b) Milk
c) Il curioso caso di Benjamin Button d) The Millionaire.”
Il ragazzo cannibale se ne sta seduto con lo sguardo fisso nello schermo davanti a sé. Un milione di euro è proprio una gran bella cifra. Dopo la recessione di una decina d’anni fa, le persone che dispongono di una cifra simile sono rimaste veramente poche.
“Ricordo molto bene l’edizione di quell’anno,” dice sicuro il ragazzo cannibale. “Ma ahimè ho dei dubbi sulla pellicola vincitrice del premio per il miglior film,” sospira poi.
“Proviamo a ragionarci su,” gli suggerisce il sempre astuto e paterno Gerry.
“Allora… L’interpretazione del Joker era valsa l’Oscar allo sfortunato Heath Ledger. Ma Il cavaliere oscuro non era tra le pellicole nominate. Milk invece c’era, ed è stato premiato il suo protagonista Sean Penn. Quell’anno in seguito all’elezione di Obama la politica era tornata di moda e infatti in nomination v’era anche Frost/Nixon. C’era grande fiducia, allora. Poi le cose come sappiamo sono andate diversamente…”
Il volto di Gerry Scotti si rabbuia, quindi reagisce: “Due risposte le abbiamo escluse, ne rimangono ancora due. Ma prima, cari spettatori de La7, un po’ di pubblicità.” Chi vuol essere milionario? va in onda su La7 da quando Mediaset è fallita miseramente. Gli spot sono tutti dedicati a libri, film e artisti musicali. La cultura è stata infatti la migliore soluzione alla lunga crisi del decennio precedente.
Terminate le pubblicità, le luci si riaccendono sull’emozionato concorrente. È arrivata l’ora di dare la sua risposta: “Il curioso caso di Benjamin Button è un film che ha fatto venire alla luce quella che ai tempi sembrava solo un’invenzione cinematografica. Le persone che ringiovaniscono anziché invecchiare esistono, e io sono uno di loro: in realtà ho 75 anni!” rivela il ragazzo cannibale sorridendo con spirito adolescente. “Nonostante questo però, non è stato un anno eccezionale per il cinema americano. Le pellicole più interessanti erano infatti tutte straniere: l’italiano Gomorra, lo spagnolo The Orphanage, lo svedese Lasciami entrare, l’israeliano Valzer con Bashir e l’inglese In Bruges. Purtroppo però questi film o sono stati del tutto ignorati dall’Academy o sono tornati tutti a casa a mani asciutte, ma adesso ricordo, è stata un’altra pellicola inglese a trionfare: The Millionaire.”
“La accendiamo?”
“E accendiamola.”
Gerry guarda il monitor. Dopo una lunga attesa, annuncia lentamente: “Stranamente non mi hanno preso come attore in quella pellicola, ma hanno fatto bene. Perché The Millionaire è la risposta esatta!”
Questa era la curiosa storia del ragazzo cannibale che ha sbancato Chi vuol essere milionario? Poi il tempo è passato e lui ha continuato a ringiovanire sempre di più, fino a che tornato neonato ha emesso il suo ultimo respiro. Con i soldi che ha lasciato è stato costruito in suo onore un enorme orologio che invece di andare avanti, va indietro. Tac tic, tac tic, tac tic

sabato 21 febbraio 2009

L'impensabile

È successo l’impensabile. A Sanremo per una volta (per la prima volta?) è stata premiata la canzone più bella, originale, fresca. La canzone che verosimilmente passerà di più in radio e venderà di più. Niente sfoggi di tecnica vocali, ghirigori mariahcareyiani o altri espedienti utili solo a far del male alle orecchie. Un testo semplice ma non stupido, una canzone nuda e cruda fatta di piccole sfumature, che è proprio come deve essere la musica pop. Ed è stata premiata l’artista più stramba che sia salita sul palco dell’Ariston da molti anni a questa parte. Timidissima, occhialoni, look splendidamente nerd. Se anche fosse costruita, complimenti a chi ha avuto l’idea di un personaggio del genere. Ma, soprattutto, è stata premiata la canzone che preferisco, cosa che in nessuna manifestazione di tipo nazional-popolare succede mai. È il mondo che sta cambiando oppure sono io? In ogni caso, si tratta solo della categoria Nuove Proposte, categoria in cui erano presenti tra l’altro altre voci femminili promettenti, mentre in quella principale per bilanciare le cose la canzone vincitrice farà sicuramente cagare: il favorito è Marco Carta, re del televoto. Come esaltanti alternative possibili vedo Povia o Francesco Renga, mentre tutte le canzoni migliori sono ovviamente già state eliminate inesorabilmente una dopo l’altra: Afterhours, Tricarico, Dolcenera. È per questo che la vittoria di Arisa mi stupisce tanto. Per una volta è successo l’impensabile. YES-WE-FUCKIN'-CAN

giovedì 19 febbraio 2009

Povia era gay

Povia era gay
e adesso sta con Casadei
parla con il cazzo in mano
Povia dice non sono un uomo

Povia dice: prima di raccontare il mio cambiamento di sesso volevo chiarire che se Dio esiste m’arriva un fulmine in testa e mi fa ancora più fesso, non mi riconosco nel pensiero dell’uomo sai perché io non penso non penso mai
Non sono andato da psicologi, psichiatri, preti o scienziati perché mi hanno detto tutti che ero un caso, e anche bello disperato
Mia madre mi ha cacciato di casa e la serratura ha pure cambiato ed io giravo, giravo la chiave, ma non c’era proprio nulla nulla da fare
Mio padre stava fuori tutto il giorno a ubriacarsi, invece di stare a casa a sentire le mie canzoni che fanno oooh, e io il perché ancora non lo sooo
Mamma allora chiese di togliermi dal testamento avevo 12 anni non capivo bene ero un po’ tardo e lento, mio padre disse è la giusta soluzione figlio mio, sai che sei proprio un coglione?
Mamma beveva anche più di papà mi diceva: non sposarti mai per carità e pietà di quella poveretta che tua moglie diventerà badabum badabum cha cha

Povia è ancora gay
e mò so’ cazzi miei
parla mica con la bocca ma con l’ano
tutti gli dicono non sei un uomo


sono ancora omo ma in quel momento cercavo risposte, ho letto Freud e non c’ho capito una sega e ho letto Topolino e non c’ho capito una sega e son tornato all’alfabeto ma pure lì non c’ho capito una sega e allora ho preso Playboy e ho provato a farmi una sega
poi arrivò la maturità m’hanno promosso perché i prof m’han detto: Povia vattene via di qua e all’ospedale un uomo grande mi ha dato un taglio un po’ sotto il cuore ed è lì che ho scoperto di essere diventato un transessuale
con lui nessuna inibizione il corteggiamento c’era ma lui è insorto m’ha detto: con te Povia non mi ci metto neanche morto
e mi sentivo un colpevole e per evitare rogne ho confessato l’omicidio di Garlasco, Perugia e pure Cogne, cercavo negli uomini chi era mio padre andavo con gli uomini perché tutte le donne mi dicevano: Povia va a cagare

Povia era gay
e adesso ce l’ha pure con gli ebrei
parla parla tanto è invano
tutti gli dicono non sei proprio un uomooo

Povia dice: per 4 anni sono stato con un uomo tra amore e inganni spesso ci tradivamo poi ad una festa fra tanta gente ho conosciuto lei che troieggiava lei che la mia musica non ascoltava lei che per il culo mi pigliava lei ricordo solo che il giorno dopo un rene mi mancava
questa è la mia storia solo la mia storia sembra una cazzata mi stupisco anche solo di averla pensata manco so scrivere figurati far riflettere e mi hanno dato dell’omofobo, quando invece sono solo musicofobo
caro papà ti ho perdonato ti ho pure mandato un mio cd e tu indietro me l’hai tirato
mamma ti penso spesso ti voglio bene ma te la serratura di casa n’altra volta hai cambiato adesso che sono padre un bambino del Darfur ho adottato ma manco un soldo a quel morto di fame gli ho dato
“Nessuno ha sempre ragione,” ha mostrato Povia in un cartello ieri sera alla fine della sua esibizione. Vero. Ma qualcuno non ce l’ha proprio mai, la Ragione.

mercoledì 18 febbraio 2009

Comunque vada...

…sarà un (suc)cesso. Perché Sanremo è Sanremo. Questo è un resoconto della prima serata del Festival. Ma forse mi sono addormentato subito e ho solo immaginato tutto.
Bonolis inizia parlando con una bambina. Si può essere più ruffiani e paraculi?
Il tanto sbandierato Nessun dorma cantato da Mina è penoso. Stamattina in radio ho sentito Grande grande grande e quella era un’altra cantante, un’altra voce, un altro tempo.
Dolcenera: più che dignitosa, quasi rocknroll per gli standard sanremesi.
La giuria demoscopica: c’è un motivo per cui è composta da soli mormoni?
Fausto Leali: ma perché, è ancora vivo? Metto su Italia1. Pensavo di aver cambiato canale e invece c’è Leali pure lì… Ah no, è il Gollum. Cazzo, ma hanno lo stesso look e la stessa voce!
Luca Laurenti: invece di una bella figa, Bonolis ha preso lui. Luca era gay, ma Bonolis è gay. Ma no, ha preso anche Alessia Piovan! Chiiii?? La tipa morta dello splendido film La ragazza del lago. No, non è Laura Palmer e non è nemmeno una valletta. Col Festival non c’azzecca nulla, ma è una bella statuina.
Tricarico: per citare la sua canzone è bravo, è bravissimo (e pure stralunatissimo)
Marco Carta igienica. Alle prime note della sua canzone il bifidus actiregularis comincia per magia a fare il suo effetto.
Patty Pravo: inquietante. Se stasera non usciva fuori dalla sua cripta era meglio.
Collegamento con le Nazioni Unite: che eventone, ma ce n’era proprio bisogno? È vero che Bonolis vuole fare quello tutto impegnato oh yeah, ma non dovrebbe condurre un programma musicale?
Marco Masini: canzone di denuncia sullo stato attuale dell’Italia. Apprezziamo almeno questa cosa, visto che musicalmente è una ciofeca.
Arriva il modello Paul Sculfor. Povia lo vede, sente gli uccellini cinguettare e realizza di essersi innamorato di un uomo. O forse non erano gli uccellini, era solo la sua vecchia “hit”(?!) Vorrei avere il becco che in un momento di megalomania si è messo come suoneria del cellulare.
Francesco Renga: canta la stessa identica canzone con cui ha vinto qualche anno fa. Ha giusto cambiato qualche parola nel testo. Che fantasia (e che voce insopportabile).
Roberto Benigni: ultimamente mi sembrava un’anima in pena, perso al confine tra se stesso e il personaggio che si è creato. Nel suo intervento sul palco dell’Ariston mi sembra abbia però ritrovato un certo equilibrio, tra divertenti frecciatine a Mina e Berlusconi e la scelta di concludere recitando una splendida lettera di Oscar Wilde, suggellando una puntata molto a tematica gay, per la gioia di papa Ratzinger.
Pupo, Paolo Belli & Youssou N’Dour: un trio male assortito.
Gemelli Diversi: arrivano loro e il microfono si rifiuta di funzionare. Sarà un caso? Eppure il loro pezzo è passabile. Ok, mi correggo: quasi passabile.
(Alb)ano: la ragione per cui hanno inventato il tasto MUTE sul telecomando.
Afterhours: il momento più atteso da tutti noi ragazzini indie cresciuti nei 90s. E anche quello più temuto. Però tranquilli, gli After non si sono sputtanati. Hanno fatto la loro cosa, molto Tonight Tonight degli Smashing Pumpkins, e messi in scaletta tra Albano e la Zanicchi sono apparsi come degli alieni arrivati da un pianeta. Un pianeta migliore, ovviamente.
Iva Zanicchi: svolta sexy per l’artista romagnola che adesso vuole conquistare il pubblico di Britney Spears con riferimenti sessuali neanche tanto velati. Eppure di un velo ci sarebbe bisogno. Un provvidenziale velo pietoso.
Nicky Nicolai con Stefano Di Battista: non so chi siano e non voglio neanche scoprirlo. Intanto su Canale 5 la tettona del Grande Fratello sta cantando: “coccolino amoroso e dudù dadadà.” La realtà sta assumendo contorni sempre più sfumati e inquietanti.
Povia: è arrivato sul palco come un appestato e ha cantato questa sua roba da lui stesso definita un rap (!?) che un bambino di tre anni riesce a mettere insieme delle frasi migliori. Perché i bambini non fanno solo oooh ma sanno anche dire cose molto più intelligenti e profonde di un testo del genere.
Sal Da Vinci: è il protetto di Gigi D’Alessio, tuttora convintissimo che Il codice Da Vinci sia dedicato a lui.
Alexia con Mario Lavezzi: dalle collaborazioni tra artisti completamente differenti a volte nascono cose molto interessanti. Non è certo questo il caso.
Katy Perry: mi inchino a cotanta bellezza e talento. Con la sua musica è riuscita a far muovere gente tra il pubblico sanremese che veniva data per totalmente paralizzata, quando non del tutto morta. A livello vocale ha dato merda a tutti, dimostrando perché lei è una star internazionale e i nostri cantantucoli sanremesi se vendono 10 copie devono già ritenersi fortunati.
Malika Ayane: la più interessante tra le nuove proposte, anche se ha già una hit recente (Feeling Better) alle spalle. Il suo pezzo è stato scritto da Giuliano del progetto Negramaro e lei lo interpreta con una voce molto particolare che rischia di farla diventare la nuova Giusy Ferreri. Che ciò sia un bene o un male lo lascio decidere a voi.
Mentre scorrono le ultime note fastidiose delle altre nuove proposte, le ore si fanno piccole e gli occhi anche, ma io forse sono nel mondo dei sogni già da un pezzo e tutto è stato solo un sogno. O un incubo?

(Afterhours e Tricarico sono subito tra i meno votati dalla giuria di mormoni, c'è ancora da stupirsi?)

sabato 14 febbraio 2009

faith

“Dio è grande e misericordioso!” annuncia solenne il reverendo Horton.
John si guarda le scarpe e spensierato pensa: "Tra-la-la-la"
“Dio è ovunque. Anche qui, anche ora. In mezzo a noi.”
John alza lo sguardo dalle sue Nike Silver e lo cerca. Cerca Dio. Osserva attentamente la fauna che lo circonda:
Ecco Mike, il suo migliore amico. “Se lui è Dio, giuro che divento ateo,” pensa. “Anzi, peggio: divento testimone di Geova!”
Ecco la signora Linderman, la mamma di Mike. “Quella è proprio una stronza colossale. Il che spiegherebbe l’esistenza delle guerre, del gelato al gusto carota e soprattutto di High School Musical.”
Seduto all’organo ecco l’assistente del reverendo, il signor Stevens. “Ha i capelli bianchi, quella barba lunga e sembra così saggio.” Lo guarda con attenzione, quindi realizza: “Ommiodio! Mi sa che è proprio lui Dio!”
Terminata la funzione, tutti escono dalla cappella in ordine, salutando il pastore:
“Splendido sermone, reverendo.”
“Parole piene di ispirazione.”
“Sono… estasiata.”
Quest’ultima naturalmente è la signora Linderman, che tiene Mike stretto per mano.
“Allora, Mike,” fa John avvicinandosi. “Vieni da me a giocare all’X-Box?”
Mike si divincola dalla mano della signora Linderman e si allontana: “Non posso, John. Mia mamma non mi lascia venire da te,” sussurra. “Dice che tua mamma è una sgualdrina e che ti manda in chiesa solo perché lei è a casa a fare chissà cosa con chissà chi mentre tuo papà è chissà dove e dice che tutto questo ha una cattiva influenza su di me e i tuoi videogiochi mi fanno diventare violento…”
“Ma Guitar Hero non è violento,” lo interrompe John.
“Lo diventa se spacchi la chitarra contro il muso di tua sorella,” fa Mike sconsolato.
“Che fare, adesso?” pensa John rimasto solo soletto. “Oh, una farfalla. Tra-la-la-la" si mette a correre per il prato adiacente la cappella, fino a che intravede il signor Stevens: “Dio!”
Saltella verso di lui e gli dice: “Scusi, signore. Lei è Dio?”
“Ragazzo,” fa piano il signor Stevens, guardandosi circospetto intorno. “Ma come diavolo hai fatto a scoprire il mio segreto?” È tranquillo. Non c’è nessuno che li sta guardando.
“Beh, signore. La barba non l’aiuta certo a camuffarsi…”
“Ah già, che stupido,” sorride il signor Stevens. “Tu dimmi invece che cosa fa un ragazzino così intelligente tutto solo anziché starsene a giocare con gli amici?”
“Vede, è una lunga storia… È tutta colpa di quella signora Linderman. Io… Io… La odio.”
“Hey, ragazzo,” lo ferma il signor Stevens poggiandogli una mano sulla spalla. “Non è una cosa bella da dire. E non è una cosa bella odiare le persone.”
“Mi scusi, signore. È solo che io volevo giocare con Mike a Guitar Hero, e quella…”
Guitar Hero, hai detto?” lo interrompe il signor Stevens folgorato. “Guarda te che combinazione! Stavo giusto andando a casa a giocarci,” tira fuori il suo bel sorriso e propone: “Ti va di fare una sfida?”
John si guarda le Nike Silver e si ferma a riflettere. Gli viene in mente sua mamma che gli ripete per la 153a volta di non andare mai con gli sconosciuti. Mai e poi mai. “Ma in questo caso è Dio,” pensa John. “Come non fidarsi del grande e misericordioso Dio?”
Well I guess it would be nice, if I could touch your body inizia a strimpellare John a Guitar Hero agitandosi tutto mentre il signor Stevens lo guarda spaparanzato comodamente sulla sua poltrona preferita.
“Sai che sei proprio bravo?” Lo incita: “Fammi vedere quello che sai fare.”
I know not everybody, has got a body like you
e John prende tutti i tasti giusti al momento giusto ed è proprio felice della sua performance e il Mondo sembra un posto meraviglioso in cui vivere, sorridere e divertirsi.
Well it takes a strong man baby, but I'm showing you the door…
Squilla il telefono.
“Pronto? …Signor reverendo! Ma quale piacere.”
‘Cause I gotta have faith
“Io? Ero qui con un mio nuovo amichetto. Ce la stavamo spassando un po’,” sorride a John, ancora impegnato a dimenarsi furiosamente con la chitarra giocattolo. “Vuole venire a divertirsi insieme a noi, reverendo?”
John ha abbattuto un qualche record del gioco e viene applaudito dal pubblico virtuale.
“Oh, è impegnato a organizzare una rapina… Che stupido, dovevo immaginarlo. Allora vorrà dire che faremo per un’altra volta, reverendo.”
Il signor Stevens butta giù il telefono.
I gotta have faith-faith-faith
“Jooohn?” lo chiama e Mike è raggiante per la straordinaria gara che sta facendo. “Sei stato bravissimo, ma adesso è il mio turno di giocare.” Il signor Stevens tira giù le tapparelle del salone. “Ora mi diverto un po’ io.”
I gotta have faith-faith-faithaaa
Domenica successiva, interno cappella.
Mike arriva di corsa: “Splendide notizie, John: mia mamma dice che ogni tanto mi fa bene stare con qualcuno della mia età anche se i ragazzini della mia età sono tanto così tanto pericolosi e poi dice che non ce la fa proprio più a sentirmi parlare e quindi insomma quello che volevo dirti è che mi lascia venire da te a giocare a Guitar Hero!”
“Non mi interessa, Mike,” John si guarda le Nike Silver scuro in volto. “Non ne voglio più sapere di Guitar Hero.”
“Ma… perché?” gli occhi di Mike si fanno lucidi.
John guarda l’amico fisso negli occhi: “È solo uno stupido gioco per stupidi ragazzini.”
Mike scoppia a piangere. Tutto il suo entusiasmo è andato a farsi fottere in un istante.
“Dio è grande e misericordioso! Bisogna avere fede-fede-fede,” acclama il reverendo Horton. John ha lo sguardo basso sulle sue Nike Silver. Questa domenica non sta pensando spensierato: Tra-la-la-la.” Né lo penserà mai più.

domenica 8 febbraio 2009

La batteria

“Adesso stacco il cavo di alimentazione.”
“Nooo! Non farlo!”
“Ma perché?”
“È appena passato il decreto legge che lo vieta.”
“Stai scherzando?”
“Certo che no, come potrei scherzare su una cosa del genere?”
“Ma il Presidente dice che bisogna fare così.”
“Quale Presidente?”
“Il Presidente della Nokia. L’ha scritto anche sulle istruzioni.”
“Che stai dicendo?”
“Una volta che la batteria è completamente ricaricata, staccare il cavo di alimentazione in modo da risparmiare energia.”
“Adesso le cose non stanno più così.”
“Questo mi fa venire in mente le veline.”
“In una situazione drammatica come questa tu pensi al sesso?”
“Ma io non stavo pensando a “quelle” veline. Stavo pensando alle veline assurde che venivano rilasciate durante il Fascismo.”
“Sinceramente non vedo come la notizia di questo decreto possa avere a che fare con il Fascismo.”
“Già, forse sto esagerando. Vorrà dire che terrò il cavo di alimentazione. Adesso però lo accendo che devo fare una chiamata urgente…”
“Fermo!”
“Cosa c’è adesso?”
“Non puoi accenderlo!”
“Mi vuoi dire allora a che mi serve un cellulare spento e costantemente attaccato a un cavo di alimentazione?”
“A preservare la cultura della vita, naturalmente.”
“Tu sei pazzo! Io adesso stacco la presa e lo accendo.”
“Mi ci hai costretto.”
“Costretto a fare cosa? Hey, ma cosa sono queste sirene?”
“Ho dovuto chiamarli, mi spiace. Stavano sentendo tutto dall’altro capo.”
“Ma come diavolo? Mmm… questo significa che hai dovuto accendere il tuo cellulare. Allora ne andrai di mezzo pure tu.”
“Un piccolo sacrificio per una grande causa.”
“Dipartimento di polizia! Buttate immediatemente a terra quei cellulari.”
“Agente, aspetti…”
“Ho detto a terra!”
“Comandante, che ha fatto? Gli ha sparato?”
“Ho dovuto farlo, tenente. Non mettevano a terra quei cosi.”
“Ma erano solo cellulari.”
“La prudenza non è mai troppa. Io sono qui per preservare il diritto alla vita, la vita di tutti.”
“Comandante, ha appena ucciso due uomini…”
“Beh, questo nel rapporto è meglio che non lo specifichiamo. Comunque il Presidente sarebbe molto fiero di noi.”
“Quale Presidente?”
“Il Presidente del Con…” BEEP
BATTERIA SCARICA
RICARICARE

giovedì 5 febbraio 2009

confesso

Sono online. Sono un sognatore. Sono un idealista. Sono profondamente immaturo. Chi l’ha chiamata sindrome di Peter Pan è solo che non ha mai conosciuto me. Sono un irresponsabile. Sono insicuro. Sono debole e indifeso. Sono vittima della paura. Sono un grande falso mentre fingo l’allergia. Sono un cerotto strappato dalla pelle. Sono una ferita rimarginata nell’anima. Sono favorevole alla legalizzazione delle droghe pesanti. Sono stupido ma in maniera intelligente. Sono un’illusione ma non un’illusionista. Sono fuori moda ma in maniera stilosa. Sono fuori controllo. Sono un autobus lanciato a folle velocità verso la fine del mondo. Sono uno. Sono nessuno. Sono centomila ali di farfalle spezzate. Sono nato. Sono uscito. Sono cresciuto. Sono maturato. Sì, come no. Sono stato insequito. Sono scappato. Sono stato a Revolutionary Road. Sono stato a Parigi. Sono come sono. Sono come suono. Sono tutto ciò che tu vuoi che io sia. Cogito (pensieri folli) ergo sum (un folle?). Ero io. Sono un altro. Sarò uno sconosciuto anche a me stesso. So(g)no. Sono offline. Mi chiamo fuori

lunedì 2 febbraio 2009

Generation Confusion

Me ne stavo seduto al bancone da ore con un bicchiere in una mano e una sigaretta nell’altra. La sigaretta naturalmente giaceva spenta tra le mie dita, vittima incolpevole della legge anti-fumo. Avremmo dovuto marciare compatti, tutti noi fumatori, per difendere i diritti delle nostre amate bionde contro questa legge fascista e ghettizzatrice, ma poi ci siamo disgregati. C’è chi fumava sigari, chi sigarilli, chi marijuana, chi hashish e ogni gruppo aveva le sue pretese. Tutte per lo più futili e pretestuose. Così abbiamo perduto di vista l’obiettivo primario e il movimento si è sciolto come Calippo al sole.
Abbiamo vagato in giro per questo paese alla ricerca di qualcos’altro per cui lottare. Qualcosa per cui valesse la pena perdere la vita. Non abbiamo trovato niente. Abbiamo cercato un appiglio cui aggrappare i nostri corpi, scheletri svuotati da tutti i nostri ideali. Abbiamo cercato di trovare qualcosa che ci unisse, ma ne siamo usciti ancora più disgregati. Le nostre voci non si univano più in un coro armonioso. Ognuna cantava una melodia diversa. Radio FM mal sintonizzate, ecco come suonavamo.
E allora ci siamo incazzati, l’uno contro l’altro, e abbiamo cominciato a costruire fossati, mettere paletti, erigere muri sempre più alti, fino a che il rumore di fondo se n’è andato e tutto ciò che sentivamo era la nostra unica e solitaria voce. Allora abbiamo smesso di parlare, ci siamo chiusi nei nostri confini e abbiamo pensato di essere felici e al sicuro. Protetti nel nostro mondo autistico.
Me ne stavo seduto al bancone da ore con un bicchiere in una mano e una sigaretta nell’altra. La sigaretta era spenta e il bicchiere era vuoto, vittima incolpevole della legge anti-alcool. Tutti all’epoca bevevano e quindi abbiamo pensato: “Al diavolo! Questa volta niente ci potrà fermare. Niente ci potrà dividere.” Ma poi si sono messi i bevitori di cuba-libre, i bevitori di gin-tonic, i bevitori di birra chiara e i bevitori di birra scura. E ancora ci siamo trovati gli uni contro gli altri. Sapevamo per cosa combattere, sapevamo chi combattere, eppure non eravamo in accordo sui dettagli, sulle piccole cose. Eravamo un corpo lacerato in mille piccoli brandelli sanguinanti.
I bar hanno cominciato a chiudere, i locali hanno dichiarato bancarotta, il tasso di natalità è crollato ai minimi storici perché senza bar, locali e alcool avevamo tutti meno voglia di divertirci e fare sesso. Allora ci siamo sposati, abbiamo perso i capelli e siamo diventati dei vecchi. Quando ci guardiamo alle spalle abbiamo la sensazione di non aver fatto qualcosa. Un rimpianto ci morde allo stomaco nel pieno della notte e ci fa svegliare senza fiato in gola. Ci alziamo dal letto, andiamo alla finestra e ci guardiamo tutti negli occhi. Ricordiamo come splendevano quando eravamo giovani e pieni di voglia di cambiare le cose. Eppure che cosa avremmo dovuto fare? Eravamo tutti impuntati sulle nostre convinzioni, non trovavamo una convergenza per le divergenze. Perché una convergenza non c’era. O forse sì. Ci saremmo dovuti venire incontro, stringerci la mano, sorriderci. Solamente sorriderci.
Siamo manichini immobili davanti alla finestra. Ci guardiamo nell’oscurità e ricordiamo come eravamo, fischiettando Magic Moments, pieni di rimorsi, di se e di ma. Le cose sarebbero potute andare diversamente. Ci guardiamo negli occhi, nei nostri occhi stanchi circondati dalle rughe. E poi tiriamo la tenda.
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